Storia e Maestri della Cappella

Indice


Le Origini: S. Ambrogio 
Il Primo Maestro: Matteo da Perugia 
Il Quattrocento: il primo sciopero 
Due grandi personaggi: des Près e Gaffurio  
Franchino Gaffurio 
Il Cinquecento 
Il Seicento: il miglior periodo  
Il Settecento: un secolo discusso
L’Ottocento
Il Novecento
L’attività oggi


Le origini: S. Ambrogio

Milano è l’unica diocesi al mondo a conservare un proprio rito liturgico. Derivata dalle liturgie orientali che, assieme ad altre, come la gallicana, la ispanica, la romana, fiorirono subito dopo l’editto di Costantino (313 d.C.), la liturgia milanese riceve un suo primo e importante impulso ad opera di S. Ambrogio e proprio per questo verrà in seguito chiamata “ambrosiana”.

Si deve parlare non soltanto di liturgia ambrosiana, ma anche di canto ambrosiano. Risalgono infatti a Milano le prime testimonianze della musica cristiana occidentale. Certamente lo zelante e colto Vescovo trovò già un organismo che si occupava del canto nella Cattedrale – suddivisa in due chiese, S. Maria Maggiore sul luogo dove attualmente sorge il Duomo, e S. Tecla che occupava l’attuale piazza Duomo – con un repertorio che aveva la sua gemma nella Laus magna angelorum , da cui derivò poi il Gloria. Ambrogio, uomo di vasta cultura anche musicale, aggiunse nuovi modi di canto e nuove composizioni: dai salmi cantati a cori alternati, al canto antifonato in cui i versetti si alternano con una breve frase musicale, l’antifona.

Ciò che però consacrò Ambrogio alla fama dei secoli in campo musicale fu l’invenzione degli inni, costruiti con un sistema metrico e con una melodia d’immediata comprensione e apprendimento.

L’impulso dato da Ambrogio diede i suoi frutti nel corso dei secoli. Infatti, mano a mano che si assestava e si ampliava l’ordinamento della liturgia, si arricchiva anche il repertorio musicale che veniva successivamente raccolto in appositi volumi chiamati antifonari, innari, processionari, salteri o corali, a seconda del loro contenuto.

Di tutto questo patrimonio era custode la schola cantorum, fiorente presso la cattedrale, che troverà una continuazione nella nascente Cappella Musicale.

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Il Primo Maestro: Matteo da Perugia

Il 3 Settembre 1402 i deputati della Fabbrica del Duomo nominano il primo maestro di canto della Cappella Musicale: è il musichus Matteo da Perugia – città allora sotto il dominio visconteo – il cui nome fu forse suggerito da Pietro Filargo da Candia , nominato Arcivescovo di Milano pochi mesi prima.

La figura del maestro di cappella si era resa necessaria con l’introduzione della polifonia – cioè del canto simultaneo di due o più melodie. Bisogna tener presente comunque che in questo periodo il canto polifonico era eseguito da musicisti professionisti presenti in numero di 4 o 5, mentre la schola eseguiva le parti in canto fermo ad una voce.

Matteo era quindi stato assunto sia per dirigere un coro allora formato da pochi elementi sia per onorare nei giorni di festa le celebrazioni dei divini uffici “coi suoi dolci e melliflui canti e biscanti”, unitamente ai chierici e al Capitolo; inoltre doveva insegnare musica in una scuola pubblica, aperta a chiunque volesse f requentarla, e istruire all’arte del canto – compito specifico del maestro di cappella che la Fabbrica esigerà sempre nei secoli – tre fanciulli scelti dai fabbricieri, destinati, evidentemente, a far da voci bianche nel coro.

Il nuovo maestro ebbe rapporti tesi con il Consiglio della Fabbrica a causa delle sue numerose assenze, ma l’appoggio del Cardinale Filargo lo tenne al riparo da decisioni drastiche sino al 1407, quando i rapporti si interruppero una prima volta. La Cappella venne allora affidata a due sacerdoti, di cui non si conoscono i nomi, ai quali successe, nel 1411, prete Ambrosino da Pessano, in qualità di maestro reggente. Ma nel 1414 ritornò Matteo da Perugia sino all’agosto del 1416, mese in cui, improvvisamente e senza alcun chiaro motivo, venne nuovamente allontanato insieme all’organista Monti da Prato che copriva tale incarico prima dell’arrivo di Matteo.

Alla fine del mandato di Matteo da Perugia la Cappella avrà la sua organizzazione completa: maestro, organista, vicemaestro, cantori adulti e fanciulli.

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Il Quattrocento: il primo sciopero

Con l’allontanamento di Matteo da Perugia nel 1416, si apre un periodo di assestamento artistico-culturale della Cappella Musicale.

Vero e proprio trait-d’union di questo periodo è Ambrogio da Pessano che, dal 1411 al 1459, affiancherà i maestri di cappella e la condurrà nei periodi di passaggio da un maestro all’altro. È infatti proprio Ambrogio da Pessano, che già coadiuvava Matteo da Perugia dal 1414, a reggere le sorti della Cappella dal 1416 al 1425, prima che la Fabbrica la affidasse all’avignonese Bertrando Ferraguto (Bertrand Feragut).

Il fatto che già nel 1425, a soli 23 anni dalla costituzione della Cappella Musicale, un musicista straniero scegliesse di diventare musichus in ecclesia maiori Mediolani, dimostra la fama che già stava acquistando la Cappella e la riconosciuta importanza del Duomo e di Milano come centro culturale e artistico.

L’inserimento di maestri e cantori stranieri, se da un lato dimostra l’importanza della Cappella in campo internazionale, dall’altro è causa di instabilità: infatti lo stesso Bertrand Feragut abbandonerà la sua carica nel 1430, senza motivi apparenti, e nel 1461 i cantori, in gran parte stranieri, si rifiuteranno in massa di andare a cantare i Vespri nella chiesa di S.Ambrogio e di partecipare alla Messa nel giorno di S.Ambrogio. Nonostante la multa inflitta a tutti i cantori, l’anno seguente la cosa si ripeterà in modo identico. I deputati della Fabbrica prenderanno allora la drastica decisione di licenziare tutti i cantori e di ricostruire ex-novo la Cappella.

Il delicato incarico verrà affidato a Santino Taverna, nominato solamente “priore dei biscantori”. La crisi del 1461-62 portò alla formulazione del primo regolamento, interessante anche per sapere quali canti eseguiva la Cappella. Essa doveva cantare a più voci l’ingressa, il confrattorio e il transitorio della messa, e il lucernario (canto d’inizio, all’accendersi delle luci, del vespro).

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Due grandi personaggi: des Près e Gaffurio

La presenza di cantori stranieri non sarà solo causa di guai. All’ombra della Cattedrale si stava infatti formando una gemma del firmamento musicale: il fiammingo Josquin des Près. Il più attrezzato e soave musicista del Quattrocento fu infatti cantore nella Cappella Musicale dal 1459 al 1473 e proprio alla sua esperienza in Duomo deve la sua formazione e l’incontro con la musica italiana, che tanto contribuiranno alla sua maestria. Non fa meraviglia che i suoi contemporanei parlino di lui nei termini della più profonda ammirazione (di lui Lutero disse: “Dio ha predicato il Vangelo in musica per tramite di des Près”); ma sorprende che, ancora nel 1711, Andrea Adami lo considerasse come “il lume maggiore di questa gran scienza, dal quale impararono tutti i contrappuntisti che vennero dopo di esso” e che aggiungesse “non v’ha dubbio alcuno che fu Josquin uomo di gran talento di cui parla e parlerà sempre la fama”.

Il secolo XV si chiude con la nomina a maestro di cappella, nel 1484, di un giovane sacerdote lodigiano, l’allora trentatreenne Franchino Gaffurio. Sarà proprio questo sacerdote italiano a dare alla Cappella Musicale uno splendore e una gloria che non moriranno nei secoli, costruite giorno per giorno nei trentotto anni durante i quali resse la Cappella, con quella “bona prudentia ac solicitudo” che i documenti dell’Archivio del Duomo ricordano a ogni passo.

Per prima cosa riorganizza la schola dei pueri su basi molto severe, perché i pueri saranno il serbatoio dal quale attingere i futuri cantori. Contemporaneamente si dedica ad una energica riforma della Cappella, non avendola trovata efficiente come avrebbe voluto al momento della sua assunzione, e stabilisce la sola presenza di cantori italiani. Fu anche un notevole compositore e il primo musicista italiano apparso, dopo oltre mezzo secolo di dominio incontrastato dei fiamminghi, nel campo del genere musicale dotto, cioè della musica sacra.

La sua musica, nella quale scorre un gusto tutto nuovo e tipicamente italiano per la scorrevolezza della melodia e per le piene sonorità accordali, è contenuta, assieme a quelle di altri importantissimi musicisti dell’epoca, in quattro grandi libroni voluti e compilati dallo stesso maestro.

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Franchino Gaffurio

Franchino Gaffurio, nato a Lodi il 14 Gennaio del 1451, fu il primo vero grande maestro della Cappella Musicale. Appartenente ad una nobile famiglia, studiò letteratura latina e musica nel monastero benedettino di S. Pietro e fu cantore al Duomo di Lodi. Ordinato sacerdote nel 1473 o nel 1474, passò alla corte dei Gonzaga a Mantova, dove iniziò la sua carriera di trattatista – per la quale è ricordato nei libri di storia della musica – e di docente di musica. Dopo essere stato a Genova, Napoli e Bergamo e come maestro di cappella in Santa Maria Maggiore, il 22 Gennaio 1484 divenne maestro di Cappella del Duomo di Milano, carica che manterrà sino alla sua morte avvenuta il 25 Giugno 1522.

Oltre a questo incarico, Gaffurio collaborò anche con la cappella dei cantori fiamminghi degli Sforza, ricoprendo anche l’incarico di musicae professor al Ginnasio fondato a Milano da Ludovico Sforza. Dal 1494 al 1499 il suo nome compare nelle liste di pagamento dell’Università di Pavia quale lettore di musica. Fu amico di Leonardo da Vinci che lo ritrasse in un dipinto conservato oggi alla Biblioteca Ambrosiana.

Oltre alle doti di teorico, Gaffurio fu anche notevole compositore di messe, mottetti e inni, e il primo a raccoglierli in libroni, i “codici Gaffuriani”, assieme a musiche di altri autori suoi contemporanei, fondando così il primo nucleo dell’Archivio Musicale della Fabbrica, dove in seguito si conserveranno tutte le composizioni dei maestri di cappella e degli organisti sino ai nostri giorni.

Fu anche abile organizzatore: rifondò infatti la scuola dei “fanciulli cantori” con l’intento di dar loro non solamente una educazione musicale, ma anche un’istruzione umanistica affidata ad un magister. Riformò quindi la Cappella su principi culturali e disciplinari insoliti per quell’epoca, stabilendo, ad esempio, una paga per i fanciulli meritevoli, oltre che per i cantori adulti, l’obbligo di indossare la cotta bianca sopra la lunga veste e l’obbligo di presenza, accompagnato da multe per i più indisciplinati e tollerando solo la presenza di cantanti italiani. Da allora ad oggi, ogni qualvolta ci sarà la necessità di riportare ordine e disciplina nella Cappella, basterà richiamarsi alle disposizioni gaffuriane per ricreare immediatamente le condizioni adatte al miglior rendimento.

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Il Cinquecento

Morto Gaffurio nel 1522, bisognerà attendere quarant’anni per trovare nuovamente un maestro di alto livello nella figura di Vincenzo Ruffo, maestro di cappella dal 1563 al 1573. Non si esclude, pur non avendo prove certe a riguardo, l’intervento di S. Carlo Borromeo nella sua nomina; l’arcivescovo, comunque, fu in stretto contatto col Ruffo al quale chiese di contribuire all’attuazione della riforma della musica liturgica secondo le norme del Concilio di Trento. Il musicista veronese fu da allora uno dei più partecipi protagonisti delle tendenze riformatrici della musica liturgica.

Anche la Cappella musicale risentì positivamente dell’interessamento del grande santo, interessamento che andava dall’attenzione per la disciplina all’aumento dei compensi, dai libri per il coro, procurati a sue spese, all’attenzione per l’istruzione dei fanciulli. Di tutto questo si trova riscontro nei regolamenti del 1572 che, seppur non recanti la firma del cardinale, fanno capo chiaramente a lui.

Anche per la nomina dei successori del Ruffo, l’interessamento del compatrono milanese fu decisivo, soprattutto per quella del Gabussi. Condotto personalmente dallo stesso Borromeo da Bologna a Milano, Giulio Cesare Gabussi assunse la direzione della cappella nel 1583 e vi rimase fino alla morte, avvenuta nel 1611: ventinove anni di servizio interrotti solamente da un breve, ma rilevante diversivo: il soggiorno di un anno (1601-1602) presso la Corte di Polonia.

Durante la sua lunga direzione, Gabussi si fece molto apprezzare, tanto che il Capitolo gli concesse favori e aumenti di stipendio. Resse la Cappella con molta autorità e disciplina e rinforzò l’organico della stessa con elementi molto validi, aiutato anche dai successori di S. Carlo, l’Arcivescovo Gaspare Visconti e, dal 1594, Federico Borromeo. Quest’ultimo, oltre a portare con sé validi cantori, fece in modo che la Fabbrica trattasse meglio i più meritevoli e i più fedeli, ai quali, dopo 15 anni di servizio, doveva essere elargita una “pensione”.

È sotto la direzione del Gabussi che entrano in Cattedrale nuovi stili compositivi allora di moda: lo stile a più cori e lo stile concertato, dove l’organo è presente non solo per accompagnare il coro ma con parti proprie eseguite anche “a solo”.

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Il Seicento: il miglior periodo

Scomparso Gabussi, nel 1612 viene nominato il pesarese Vincenzo Pellegrini che si dimostra non all’altezza del suo incarico e già nel 1625 viene ricercato un nuovo maestro, interpellando il grande Claudio Monteverdi. Le trattative con quest’ultimo si arenarono ben presto, forse a causa dello stipendio, nonostante la Fabbrica proponesse il più alto compenso fino ad allora elargito per un maestro di Cappella milanese. Passata la peste del 1629, quella raccontata dal Manzoni, viene nominato nel 1631 Ignazio Donati. Con questo musicista ha inizio quello che potremo chiamare il “periodo aureo” della Cappella Musicale, nel quale si succederanno una serie di maestri la cui opera, nel complesso, risulta degnamente rappresentativa del nostro ’600 musicale. E’ da sottolineare inoltre come nei documenti dell’epoca non si parli mai di crisi, contrariamente a quanto riscontrato in altri periodi storici.

Donati giunse al Duomo in età matura, dopo aver servito numerose chiese ed istituzioni dell’Italia settentrionale: lasciò manoscritti, conservati nell’Archivio della Fabbrica del Duomo, un buon numero di vespri, salmi, inni, e messe in cui fa largo uso della policoralità, cioè di più cori, scrivendo brani da sedici a ventun voci, quindi per quattro o cinque cori contemporaneamente.

Con Antonio Maria Turati ci imbattiamo per la prima volta in un maestro nato a Milano e formatosi nella Cappella dove cantò come puer. Questa e la successiva nomina di Michelangelo Grancini, già organista nella cattedrale, evidenziano come la scelta per così dire “interna”, o meglio, di persone che già ben conoscevano l’ambiente della Cappella, risultasse la più felice e tranquilla. Sia Turati che Grancini infatti arricchirono l’archivio musicale di numerosissime opere, molte delle quali interessanti e ancora da scoprire.

Il successore di Grancini fu Giovanni Antonio Grossi, che già aveva ricoperto la carica di maestro di Cappella in diverse cattedrali lombarde, e che compose esclusivamente musica sacra, campo nel quale risultò straordinariamente fecondo: i suoi lavori manoscritti conservati nell’Archivio della Fabbrica ammontano a parecchie centinaia.

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Il Settecento: un secolo discusso

Contrastanti sono i giudizi degli storici sulla produzione musicale dei maestri della Cappella Musicale del Settecento. Certamente l’osservanza allo “stile antico”, cioè alla polifonia vocale nelle sue diverse dimensioni, dal brano a 4-5 voci, al più fastoso impianto a doppio coro, con o senza organo, limitava lo spirito musicale dei diversi maestri. Nelle altre chiese milanesi già imperava il cosiddetto stile “concertato”, dove sovente erano presenti brani per solisti e dove le infiltrazioni profane erano già ampie. Nonostante questo, validi maestri si succedettero per tutto il secolo. Figura principale del periodo è Gianandrea Fioroni, maestro dal 1747 al 1778. Formatosi a Napoli, diventa ben presto una figura di primo piano nell’ambiente milanese, pur coltivando esclusivamente il genere sacro e non anche quello operistico, già allora imperante.

Abile musicista, le sue composizioni suscitarono l’interesse di studiosi stranieri ed ebbero anche una certa diffusione all’estero, come attestano copie manoscritte dei suoi brani conservate in biblioteche austriache, tedesche e francesi. L’inglese Charles Burney, nel suo “Viaggio musicale in Italia”, giunto a Milano si reca, oltre che in Duomo ad ascoltare la Cappella, anche a casa del maestro Fioroni, del quale elogia le composizioni, invitandolo a pubblicarle allo “scopo di convincere il mondo che in Italia, nonostante che lo stile teatrale e quello di chiesa si identifichino, […] l’antico stile grave non è completamente perduto.” Fioroni ebbe come organista il figlio di Bach, Johann Christian, che rimase al Duomo di Milano dal 1760 al 1763 con un contratto molto curioso, ma tipico per l’epoca: senza stipendio dal momento che il suo predecessore, Michelangelo Caselli, chiese alla Fabbrica la “giubilazione”, cioè la messa a riposo col mantenimento degli emolumenti e dello stipendio.

Successore di Fioroni sarà un altro famoso musicista, esperto però nel campo operistico: Giuseppe Sarti. Resse la Cappella solo cinque anni, ma lavorò molto componendo parecchia musica. Il suo stile, nelle composizioni sacre, si fa consono al rito, dimenticando gli influssi operistici. I documenti conservati nell’Archivio della Fabbrica, e recentemente riproposti, sfatano la diceria ch’egli abbia “portato il teatro in chiesa”.

Ultimo maestro del secolo fu Carlo Monza, allievo di Fioroni, già organista della Cappella Ducale dal 1768 e successivamente direttore della medesima dal 1775, nonché maestro intorno al 1783 in ben 12 chiese milanesi, un vero e proprio primato non solo per l’epoca, ma forse assoluto. È con il Monza che si può dire inizi la decadenza della Cappella del Duomo, poiché la tecnica contrappuntistica s’impoverisce e lo stile ecclesiastico cede ad influenze esterne.

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L’Ottocento

Con l’avvento della dominazione austriaca, l’Imperial Regio Governo riduce l’autonomia della Fabbrica in materia di Cappella Musicale, avocando a sé la scelta del maestro entro una terna proposta dalla Fabbrica.

Così, nel 1824 viene nominato Benedetto Neri, più volte richiamato per aver trascurato l’educazione dei fanciulli, che si dimette poi nel 1841. Nella riforma voluta dal Governo nel 1824 e ufficializzata nel nuovo Regolamento del 1846, viene finalmente soppresso l’impiego dei castrati, definito l’organico della Cappella in soprani, contralti, tenori e bassi, affidando le voci acute ai pueri della schola, e imposta al maestro l’annuale composizione di messe e vesperi da consegnare all’Archivio.

La vasta produzione del Neri, così come quella del suo successore Raimondo Boucheron (1847-1876), si connota per una buona capacità tecnica e sensibilità musicale, spesso, però, così intrisa di gusto vocalistico e di modi operistici da renderla sì piacevole, ma poco idonea allo spirito religioso.

Anche il Regno d’Italia conservò gli stessi diritti del Governo austriaco. Furono in successione eletti maestri Guglielmo Quarenghi (1877-1881), Pietro Platania (1881-1883) e Giuseppe Gallignani (1884- 1891). Si deve a un gruppo di musicisti, tra i quali lo stesso Gallignani e, più tardi, il noto Lorenzo Perosi, se da Milano si posero le basi per la “riforma ceciliana”, e con essa la rifioritura della musica sacra, grazie all’azione dell’Associazione Santa Cecilia e alla battagliera rivista “Musica Sacra”.

Con la nomina a maestro di Salvatore Gallotti (1892-1928) e con la sua produzione di grande dignità e talora di eccellenza – autonoma rispetto alla riforma ceciliana, della quale condivise la serietà e nobiltà della concezione musicale – la Cappella del Duomo divenne officina del rinnovamento liturgico della musica e del canto. Il Gallotti, che assolse con impegno e saggezza il compito dell’educazione musicale e umana dei pueri (che , grazie alla loro abilità, furono chiamati a cantare alla Scala e a Londra in opere teatrali), promosse una scuola di canto ambrosiano e recuperò l’uso della polifonia classica e dell’esecuzione di musiche trascritte dalle partiture conservate nell’Archivio.

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Il Novecento

La lunga direzione del Gallotti traghettò la storia della Cappella al XX secolo, ridonando a questo organismo vitalità e prestigio.

La seconda guerra mondiale spezza a metà il XX secolo, che era iniziato con la felice ripresa della Cappella Musicale del Duomo. Dopo il Gallotti, nel 1930, venne nominato dalla Fabbrica Marziano Perosi, fratello del più noto Lorenzo, maestro della Cappella Sistina; le sue composizioni appaiono dignitose, ma non innovative; l’attività della Cappella ebbe a risentire anche degli anni difficili che sfociarono poi, tragicamente, nel devastante conflitto mondiale.

L’unica operazione di rilievo che, tra le due guerre, abbia interessato la Cappella Musicale fu – nel 1938 – la riforma e il potenziamento del corpus organario e la costruzione di una nuova grande cantoria, secondo una soluzione già progettata e sperimentata dal Gallotti. Una scelta acusticamente non ottimale, ma sicuramente migliore rispetto alla precedente che vedeva i cantori stipati sulle antiche cantorie degli organi.

Riparati i danni di guerra più vistosi subiti dal Duomo, nel 1949 venne incaricato della direzione della Cappella Pietro Dentella, dal 1924 vicedirettore della stessa e fecondo compositore di buona musica sacra.

Con le dimissioni del Dentella (1957), si apre la seconda metà del secolo e inizia un periodo che sembra riproporre l’epoca d’oro gaffuriana: viene infatti nominato maestro don Luciano Migliavacca, un giovane sacerdote di formazione classico-letteraria e musicista di originale creatività.

La sua prima preoccupazione, condivisa anche dal Card. Montini, allora arcivescovo di Milano e futuro papa Paolo VI, è la ristrutturazione della schola dei fanciulli, portata a quaranta cantori, per i quali la Fabbrica edificò, tra il 1958 e il 1960, un’apposita e attrezzata sede adibita alla completa formazione culturale e musicale dei pueri. La produzione del maestro è copiosa e di alta qualità; le sue composizioni in lingua italiana dopo la riforma del Vaticano II diventano d’esempio e si diffondono in tutta la penisola; notevole anche la sua opera di recupero del patrimonio musicale custodito nell’Archivio della Veneranda Fabbrica.

Nel 1986, a seguito dell’adeguamento liturgico del presbiterio del Duomo, i corpi d’organo che si trovavano collocati in punti diversi dell’abside, vengono rimossi e raggruppati in due nuove casse collocate a fianco di quelle antiche, lasciando però ancora insoluto il problema di un’adeguata disposizione della cantoria.

Nel 1998 mons. Migliavacca, dopo 41 anni di direzione, lascia l’incarico e al suo posto viene nominato maestro reggente l’attuale direttore, Claudio Riva, già vice-organista e suo assistente dal 1983, che rimane in carica fino al 2004. Dal 2005 condividono la direzione della Cappella Musicale Claudio Riva e Gian Luigi Rusconi. Dal 2007 è maestro di Cappella don Claudio Burgio, ex-alunno e allievo di mons. Migliavacca; il maestro Riva è maestro di Cappella aggiunto. Organista del Duomo è Emanuele Carlo Vianelli, Vice Organista è Alessandro La Ciacera.

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L’attività oggi

Il luogo della preparazione didattica e musicale dei pueri cantores e della loro formazione umana e cristiana si trova attualmente nell’edificio di Viale Gorizia 5, sede della scuola “Franchino Gaffurio”.

La Cappella Musicale deve essere presente in Duomo tutte le domeniche e le festività religiose. Si può ben comprendere, quindi, l’impegno richiesto ai ragazzi e alle loro famiglie.

Occorre poi considerare che ogni presenza in Duomo comporta un impegno pari a quello di un concerto (trascrizione o composizione di nuove musiche, preparazione, prove, esecuzione). Questo gravoso impegno settimanale e la continua presenza in Cattedrale, costringe la Cappella a respingere a malincuore le molte richieste di concerti che provengono da varie parti d’Italia e dall’estero.

Negli ultimi anni la Cappella si è comunque esibita in numerosi concerti, in Italia e all’estero. Nel 2010 ha eseguito l’opera di Maurizio Fabrizio “Everyman”, con Mango, Valente e Branduardi, e ha cantato in occasione della raccolta fondi per i bambini di Haiti, promossa dall’associazione Francesca Rava, con Andrea Bocelli; nel 2012 ha accompagnato col canto diverse celebrazioni presiedute da Papa Benedetto XVI nell’ambito del VII Incontro Mondiale delle Famiglie; nel 2013 ha accompagnato la diocesi ambrosiana all’udienza in S. Pietro con Papa Francesco e ha partecipato al ciclo di eventi MiTo, Settembre in musica, eseguendo la prima del Magnificat di Leonardo Schiavo, opera vincitrice del Concorso Internazionale di Composizione di Musica Sacra, indetto dalla Veneranda Fabbrica in collaborazione con la Cappella Musicale. Nel 2014 ha cantato, con la Cappella Musicale Pontifica Sistina, alla S. Messa di Beatificazione di Papa Paolo VI, al termine della quale ha ricevuto il saluto di Papa Francesco. Nel 2015 si è esibita al Padiglione della Veneranda Fabbrica ad EXPO.

Nel 2014 e nel 2017 il Coro Virile è stato impegnato in due tournée in Giappone, esibendosi in un totale di 22 concerti in numerose città. Le tournée sono state anche occasione di un inedito esperimento: in alcuni concerti, infatti, il Coro Giovanile e un coro di monaci Buddisti si sono uniti sovrapponendo le singole melodie, creando una “fusione” tra il canto gregoriano e quello tipico buddista (Shomyo) e fornendo l’occasione per un incontro tra culture, religioni, popoli e fedi diverse, quasi un dialogo inter-religioso in musica. Dal 2015 al 2017 il Coro si è esibito al Festival di Bellagio e del Lago di Como; ha eseguito la prima dell’Opera di Rossella Spinosa – Abisso Mediterraneo – al Teatro Parenti di Milano e la prima del Super Flumina e del Magnificamus Te, Dei Genitrix di Umberto Bombardelli, brani composti dal Maestro per il Coro stesso.

Nel 2017 la Cappella Musicale si è esibita in alcuni concerti in Germania a Dülken (Düsseldorff), riscuotendo un grande successo.

Nel 2019, i Fanciulli Cantori si sono esibiti durante la diretta Rai “Una Serata per il Bambino Gesù”, in occasione dei 150 anni dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, eseguendo un brano del Maestro Giovanni Allevi, che ha diretto i pueri in questa speciale occasione.

La Cappella Musicale è presente in Duomo tutte le domeniche e le festività dell’anno.

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