Secondo giorno del Triduo Pasquale. La celebrazione pomeridiana del Venerdì Santo ricorda la morte in croce di Gesù. Non mancano in questo giorno i numerosi segni e gesti di austerità: ad esempio – nonostante la solennità di questo rito vespertino – solo l’altare riceve l’incensazione, mentre ne sono esclusi lo stesso Arcivescovo, i sacri ministri, il capitolo e i fedeli.
Al termine della seconda lettura, il solo Coro Virile della Cappella Musicale intona il canto del responsorio, il “Tenebrae”, cantato anticamente dallo stesso Arcivescovo. Il testo del brano, nella redazione ambrosiana, anticipa, curiosamente, il colpo della lancia al costato di Gesù, che nel Vangelo è descritto dopo la morte.
Tenebrae factae sunt super universam terram
dum crucifixerunt Jesum Judaei.
Et circa horam nonam
exclamavit Jesus voce magna:
Deus, Deus quid me dereliquisti?
Tunc unus ex militibus
lancea latus ejus perforavit.
Et inclinato capite emisit spiritum.
Ecce terraemotus factus est magnus.
Nam velum templi scissum est,
et omnis terra tremuit.
Et inclinato capite emisit spiritum.
Dense tenebre coprirono tutta la terra,
mentre i Giudei crocifiggevano Gesù.
Verso le tre del pomeriggio,
Gesù esclamò a gran voce:
«Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?».
Allora uno dei soldati
gli trafisse il fianco con una lancia.
Ed inclinato il capo, emise lo spirito.
Subito ci fu un gran terremoto,
il velo del tempio si strappò
e la terra si scosse.
Ed inclinato il capo, emise lo spirito.