L’Italia è stata interessata dal fenomeno dell’emigrazione verso l’America soprattutto nei secoli XVIII e XIX. Il fenomeno ha riguardato dapprima il Settentrione e, dopo il 1880, anche il Mezzogiorno. Dai porti del Mediterraneo partirono molte navi con migliaia di italiani diretti in America per la più favorevole economia. Tra il 1861 e il 1985 sono state registrate più di 29 milioni di partenze dall’Italia. Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 interessò prevalentemente le regioni settentrionali, tre in particolare: il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia ed il Piemonte. Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali, con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia. Questa grande emigrazione ha avuto come punto di origine la diffusa povertà di vaste zone d’Italia e la voglia di riscatto d’intere fasce della popolazione, la cui partenza significò per lo Stato e la società italiana un forte alleggerimento della “pressione demografica”. Infatti in media ogni famiglia aveva ben dieci o più figli. Essa ebbe come destinazioni soprattutto il Nord America (in particolare gli Stati Uniti). I periodi interessati dal movimento migratorio vanno dal 1876 al 1915 circa. Sebbene il fenomeno fosse già presente fin dai primi anni dell’Unità d’Italia è nel 1876 che viene effettuata la prima statistica sull’emigrazione a cura della Direzione Generale di Statistica. Si stima che solo nel primo periodo partirono circa 14 milioni di persone (con una punta massima nel 1913 di oltre 870 mila partenze), a fronte di una popolazione italiana che nel 1900 giungeva a circa 33 milioni e mezzo di persone. Molti piccoli paesi (in particolare quelli a tradizione contadina) si spopolarono.
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